La capacità di ricordare e analizzare gli eventi passati e la conseguenza che tali eventi hanno sulla persona, è ciò che ci permette di apprendere e di trasformare l’evento, in un’esperienza. Oltre a questo aspetto strettamente cognitivo non possiamo non tener conto delle sensazioni e delle emozioni che tale capacità porta con se: il rimorso e il rimpianto. Chi nella vita non ha vissuto quella triste sensazione di: aver detto la cosa sbagliata nel momento sbagliato; di aver parlato troppo o al contrario di non aver parlato a sufficienza; di aver recato un danno; di aver fatto la scelta sbagliata; di aver perso un occasione rispetto a qualcosa che sarebbe potuto essere diverso.
Meglio vivere di rimorsi, che di rimpianti!
E’ importante, fare una precisazione, c’è una sostanziale differenza tra il rimpianto e il rimorso, non sono la stessa cosa. Il rimorso è quel sentimento di prostrazione e pentimento per aver detto o fatto qualcosa di sbagliato, per aver recato un danno a qualcuno o a qualcosa, quando ci si sente responsabili. Il rimorso poggia sul senso di colpa. Mentre, il rimpianto, poggia sul dubbio, su un vissuto di perdita, per ciò che sarebbe potuto essere e che invece non è stato. Abbiamo due tipi di rimpianto: il rimpianto soggettivo, ossia quello che dipende da una nostra scelta; il rimpianto oggettivo quando non dipende da una nostra scelta, quando siamo stati costretti ad agire in un determinato modo, quando non c’è stata data la possibilità di fare altro.
Il rimpianto è una sensazione difficile da metabolizzare, rimanere fermi a rimuginare nel passato, può condizionare le nostre scelte future. Non esiste un passato alternativo dove un’altra scelta, avrebbe portato, sicuramente un presente migliore. Molte sono le scelte che si possono fare e altrettanti sono i risultati che si possono ottenere. Forse alcune scelte, sarebbero potute essere migliori, forse uguali o forse peggiori. Non lo sappiamo. Pensare che il risultato dipenda esclusivamente da noi è un illusione, non si può controllare tutto e tutti. Noi viviamo in un società, in un sistema, dove ci sono anche altre persone, che si muovono, pensano e agiscono con la loro testa e con cui noi entriamo in relazione.
A cosa servono i rimpianti ?
A giustificare i problemi del presente. Questo continuo “se avessi” non è altro che un efficace sabotatore del presente.
In che modo ?
Rimanere bloccati nel passato, non ci fa stare nel qui era, nel momento presente, l’unico momento in cui può avvenire veramente un cambiamento. Quando nel presente ci sono problemi è facile che la mente cerchi nel passato il colpevole. In realtà è un alibi, un modo per non prendersi la responsabilità di quello che ci sta succedendo nel presente. Un modo per rimanere bloccati in una fase adolescenziale della propria vita. La paura di sbagliare ci blocca, il non sapere cosa ci succederà dopo aver preso quella decisione o aver detto quella cosa, ci fa provare una sensazione di incertezza, di paura.
Decidere di dire una certa cosa o fare una certa cosa ci costringe, non solo a vivere nell’incertezza di quello che sarà, ma anche, ad assumersi la responsabilità del risultato. Scegliere di prendersi la responsabilità delle proprie scelte è segno di maturità di vivere la propria vita con autenticità. Una certa consapevolezza delle nostre capacità può sicuramente lenire la paura che l’incertezza.
Cosa fare, quando il pensiero del “se avessi” diventa un ossessione:
- ricordati perchè hai preso quella decisione, forse era la cosa migliore per te in quel momento;
- fai una lista dei pro e dei contro, ti aiuterà ad essere più obiettiva e a non cadere nella trappola del falso rimpianto addolcendo il passato;
- stai nel presente, nel qui e ora senza ansia e paura per il futuro.