di Franca Gallotta
La questione sogno è tanto antica quasi quanto la stessa umanità. Esistono prove scritte che l’interpretazione dei sogni è precedente a Freud, rintracciabile sia nella tradizione biblica che classica.
Per Freud, il sogno è la via regia verso l’inconscio, mentre per Jung, il sogno è la rappresentazione del funzionamento psichico e grazie al sogno è possibile esplorare il contenuto dell’inconscio.
La psiche secondo Freud si divide in conscio, preconscio e inconscio. Nel coscio c’è tutto quello che si lega alla realtà esterna del soggetto e opera secondo il principio di realtà. Il preconscio è l’anticamera della coscienza, ci sono tutti quei contenuti che ancora non sono arrivati alla coscienza. Mentre l’inconscio è quella parte della psiche dove troviamo tutte le esperienze traumatiche, troppo dolorose per il soggetto. Tali esperienze, potranno riaffiorare alla coscienza ad esempio attraverso il sogno.
Diversamente da Freud, la psiche per Jung, è composta da tre strati: nel primo strato c’è la coscienza, sede di adattamenti all’ambiente, essa orienta l’essere umano nello spazio; nel secondo strato c’è l’inconscio personale, dove sono presenti tutti quei contenuti che sono stati rimossi, dimenticati, sentiti al di sotto della coscienza; e infine nel terzo strato c’è l’inconscio collettivo, nel quale sono presenti tutti quei contenuti che affondano le radici nella cultura di riferimento del soggetto. Un patrimonio ereditato, comune a tutti gli uomini.
L’inconscio collettivo è sede degli archetipi, che sono immagini primordiali e universali. Quest’ultimi sono dotati di una forza numinosa, ovvero sacra, che incita all’azione, che spingono a riprodurre sempre le stesse rappresentazioni mitologiche e a compiere le stesse azioni ed esperienze.
Oltre a concepire la psiche in modo diverso, i due autori differiscono anche sulla modalità d’intervento. Nel setting freudiano il paziente è sdraiato sul lettino, non c’è contatto visivo e lo psicoterapeuta deve tenere un atteggiamento sobrio e neutrale. Freud utilizza il metodo delle associazioni libere. Utilizzando tale metodo nota che i pazienti oltre a comunicare tutto ciò che viene loro in mente, comunicano anche ciò che vivono nei loro sogni. Partendo da questo Freud decide di trattare i sogni alla stregua dei sintomi, riconoscendo nei sogni stessi un senso, un’intenzione e una causa.
Jung, invece, si siede davanti ai suoi pazienti, con lo scopo di stimolare un dialogo tra coscio e inconscio. Inoltre Jung esige una partecipazione strutturale da parte dei pazienti, come l’annotazioni di sogni o l’elaborazione di simboli e fantasie attraverso l’immaginazione attiva.
Perls, padre della Gestalt, invece si occupa più dei vissuti che della loro interpretazione e sono proprio questi vissuti a mettere in moto il processo di guarigione. Egli si ribella all’idea dell’inconscio, per lui il punto non era se esisteva o no, l’inconscio, ma la formazione di figura e sfondo e la capacità, sulla base dei propri bisogni, dell’organismo di organizzarsi e trovare equilibrio. Non sono le proibizioni a dare aspetto all’inconscio, a volte siamo semplicemente concentrati e attenti su altro, e questo fatto si complica per via delle nostre rigidità. Al contrario in una condizione sana, figura e sfondo, si succedono naturalmente nella nostra percezione evidenziando ciò che ha più interesse per noi. Come nelle associazioni di Freud, nella Gestalt, il terapeuta invita la persona a verbalizzare quello che succede, i propri pensieri, cosa sta sentendo e sperimentando, per stimolare la consapevolezza e l’autenticità.
Il contributo di Perls nel lavoro con i sogni è stato originale. Il suo approccio non è interpretativo ma non esclude l’importanza di considerarlo un messaggio esistenziale che va compreso. Secondo Perls era necessario entrare nel sogno o meglio nell’esperienza vera e propria anziché rammentarlo. In altre parole non era sufficiente ricordarlo, andava rivissuto. Perls consiglia di riviverlo al presente come se stesse avvenendo veramente in quel momento. È proprio in quel momento che si può comprendere il messaggio metaforico del sogno.
Nonostante tutte queste differenze il fine sia della gestalt, della psicoanalisi che della psicologia analitica è la scoperta di parti di se stessi, non ancora scoperte, ossia l’autoconsapevolezza.
Il significato di un sogno, il perché di quel sogno in quel momento, non è fisso, varia da paziente a paziente e sopratutto dalle associazioni, delucidazione e amplificazioni del sognatore stesso. Inoltre il significato del sogno varia anche in base due funzioni: quella di complementarietà e di compensazione. La compensazione è un equilibrio tra gli opposti è un concetto letteralmente comprensibile in qualunque contesto lo usiamo, è presente in natura. La differenza nasce quando il principio di compensazione si deve interrelare con i due concetti soggettivo, si riferisce al soggetto che è al centro della conversazione e oggettivo, non è una cosa strettamente collegata alla realtà del paziente, sta fuori al paziente può diventare soggettiva da come il paziente la vive, concepisce o reagisce al fatto oggettivo. Quando si ha a che fare con il principio di compensazione si può compensare soprattutto la parte soggettiva, non si può compensare una cosa oggettiva. Mentre, la funzione della complementarietà, è un allargamento, un integrazione, un ampliamento o meglio un completamento dell’esistente, la realtà psicologica si può allargare, si può aggiungere qualcosa, quindi se c’è qualcosa, quel qualcosa non è esaustivo non c’è nulla che può essere completamente esaustivo. Quindi, il principio di complementarietà agisce sempre, in qualsiasi situazione si voglia, c’è sempre qualcos’altro che si può vedere, esso mette in moto il principio fisico della relatività, secondo la quale ogni cosa può essere allargata, perché ogni punto è relativo. Questi due concetti, compensazione e complementarietà, agiscono tra di loro contemporaneamente, non hanno una relazione l’uno con l’altro, ognuno svolge la propria funzione autonomamente, mentre i concetti soggettivo e oggettivo di qualunque realtà psichica, si intrecciano sia con la compensazione che con la complementarietà. Quando un sogno si manifesta attraverso le immagini dei contenuti , lo fa quindi a due livelli, uno soggettivo, riguarda la psiche individuale della persona che sogna, e oggettivo, ossia non legato alla sua realtà psicologica. Qualunque aspetto del sogno può avere entrambi i livelli.
Tali funzioni, sono essenziali per lo sviluppo della personalità, il percorso di individuazione ed il mantenimento dell’equilibrio psicologico in rapporto al contesto di appartenenza.
I sogni dei pazienti ci parlano di tutto quello che la coscienza non riesce a dire. Molto spesso il primo sogno del paziente rappresenta un momento critico, oppure c’è condensata tutta la sua vita, il tema della sua esistenza, come si vede, la prognosi della malattia e la strada per la guarigione. E’ importante nei sogni tenere conto degli elementi che si ripetono di sogno in sogno. Essi hanno un significato importante ed è proprio li che il terapeuta deve concentrarsi. Insomma i sogni ci parlano, ci inviano dei messaggi. Quando la coscienza non è più in grado di superare un impasse, di portare avanti una tematica, lo farà l’inconscio per lei , attraverso i sogni.
Altre volte i sogni sono lo specchio degli atteggiamenti che i pazienti utilizzano nella vita reale. Il terapeuta può intuire quale comportamento mettere in atto, per aiutare il paziente a superare quell’atteggiamento che blocca lo sviluppo psichico e che dirige da sempre la sua vita.
